Hugo Hernan Maradona nasce a Lanus (Argentina) il 9 Maggio del 1969. Quando ha solo un anno, suo fratello Diego, di nove anni più grande, entra a far parte delle Cebollitas (le cipolline), il settore giovanile dell’Argentinos Jrs e dopo neanche un anno tutta l’Argentina parla lui e del suo incredibile talento, incanta le folle palleggiando nell’intervallo delle partite e viene invitato anche in numerose trasmissioni televisive.
Il giovane Diego dichiara le sue ambizioni.
Una volta appurato che il talento di Diego è un qualcosa di puro, di cristallino, di unico tutti iniziano a nutrire grandi aspettative anche sul piccolo Hugo, che fin da piccolo è costretto a fare i conti con l’ingombrante figura del fratello maggiore.
Neanche sedicenne entra a far parte delle giovanili dell’Argentinos Jrs e poco dopo partecipa anche al mondiale U16, dove nella partita contro il Congo si mette in luce realizzando una doppietta e prendendo un clamoroso incrocio dei pali con una magistrale punizione; a questo punto i paragoni con il fratello, arrivato a Napoli da una stagione, si sprecano e lo stesso Diego dichiara: ”Diventerà più forte di me.”
Nella stessa estate, quella del 1985, mentre i Duran Duran spopolano con il singolo A View to a Kill…
Il brano in testa alle classifiche nell’estate del 1985.
…il “fratellone” lo porta per la prima volta in Italia per fargli disputare un’amichevole di beneficenza in quel di Bergamo dove Hugo è artefice di qualche buona giocata e Diego continua a fargli una gran pubblicità.
Ancora un anno con le giovanili dell’Argentinos e poi, all’inizio della stagione 86/87, per Hugo si aprono le porte della prima squadra con la quale collezionerà 19 presenze, in un campionato che si rivelerà più difficile del previsto per i Bichos Colorados (insetti colorati). Infatti chiuderanno la stagione al diciassettesimo posto, ad un solo punto dalla zona retrocessione e con solo 5 vittorie all’attivo.
Intanto il fratello Diego diventato, dopo la conquista del Mondiale e del primo storico scudetto partenopeo, l’idolo incontrastato di Napoli, inizia a fare pressione sulla società, affinché porti il suo fratellino a giocare in Italia arrivando addirittura a minacciare una sua partenza da Napoli se ciò non dovesse accadere.
La finalissima di Mexico ‘86 commentata da Bruno Pizzul.
10 Maggio 1987. Una data storica per i tifosi napoletani.
Ferlaino si attiva immediatamente e porta El Turco, così è soprannominato Hugo, all’ombra del Vesuvio per la bellezza di 400 milioni. L’accordo raggiunto con Diego è quello di mandare il piccolo Hugo a far esperienza in prestito, vengono interpellati il Pisa di Romeo Anconetani e il Pescara di Mr. Galeone, ma entrambe le società rifiutano, perché non completamente convinte delle reali potenzialità del giocatore; mentre l’Ascoli di Costantino Rozzi, ingolosito dal possibile ritorno mediatico dell’operazione, accetta.
I bianconeri, reduci da un buon dodicesimo posto in campionato e dalla vittoria in Mitropa Cup maturata a spese del Bohemians Praga, hanno appena ingaggiato Ilario Castagner, allenatore originario di Vittorio Veneto, fermo da due anni dopo le esperienze con Milan e Inter.
La squadra parte alla volta del ritiro di Norcia e Hugo va immediatamente a segno nella prima amichevole disputata contro la squadra locale e, probabilmente galvanizzato da questo, si sbilancia in dichiarazioni alquanto pretenziose e pericolose:
"Voglio diventare un protagonista del vostro calcio e rispondere sul campo al
veleno di tante chiacchiere. Pescara e Pisa non mi hanno voluto? Hanno detto che
ero la controfigura di Diego? Se ne pentiranno amaramente..."
"Io ho la mia ben precisa personalità e quando decido di giocare gioco alla
Huguito ,insomma mi guardo bene di fare la cattiva imitazione di Diego. Sono "El
Turco","El Turquito", e col pallone so fare tutto, anche l'amore se voglio, capito?”
“Chi sono? Un centrocampista puro, un vero trascinatore. Mi sono buttato
anima e corpo in questa terribile cura del signor Castagner perché la maglia
numero 10 la pretendo subito, sin dalla prima partita in Coppa Italia...."
"Mi piace la maglia bianconera però è mille volte meglio titolare nella
squadra di Castagner che in panchina in quella di Marchesi. Ma alla fine di
questo campionato, giuro che busseranno alla mia porta..."
"Guardi queste gambe. Sono di acciaio. Quando le agito sono due pale che
nessuno può fermare. Si ricorda il gol di Maradona contro gli inglesi? Beh se
voglio, a me la palla non la toglie nessuno. Io so conquistarla e difenderla coi
denti..."
"Chissà se in partita sarà Casagrande o Huguito a tirare i rigori. Non ne
sbagliamo mai uno. Un'altra mia specialità sono le punizioni a effetto, sì,
alla Maradona. Buon sangue non mente..."
" Io non sono un giocoliere, non sono un clown! Io sono altruista, io sono un
calciatore ultramoderno. Trascino i compagni, rifinisco, segno."
A questo punto Castagner inorridito da cotanta spocchia, e consapevole del fatto che certe dichiarazioni potrebbero “bruciare” anche il migliore dei talenti, cerca di fare il pompiere e dichiara:
“Hugo, possiede un ottimo controllo di palla che gli permette dribbling stretti e rapidi, sa servire i compagni con passaggi millimetrici e smarcanti. Ma bisogna pensare a lui in prospettiva futura!”
Ma ormai il campionato è alle porte e Hugo potrà dimostrare tutto il suo valore e la sua “ultramodernità” calcistica sul campo.
Alla prima di campionato al Del Duca arriva la Roma di Nils Liedholm; i bianconeri passano in vantaggio con Scarafoni al 30’, mandando in tripudio i suoi tifosi, ma al ’74 Boniek pareggia su rigore, per quello che sarà il definitivo 1 a 1. In campo c’era anche Hugo, per di più con la tanto agognata maglia numero 10, ma quasi nessuno se ne è accorto; infatti, El Turco, si è reso protagonista di una prova abulica ed incolore…ma alla “prima” l’emozione può giocare brutti scherzi.
Ascoli–Roma 1-1. La Sintesi
Il turno successivo vede i due fratelli Maradona confrontarsi al San Paolo, in quello che potrebbe essere uno scontro storico per gli annali del calcio. Huguito entra nel secondo tempo dopo che il fratellone ha già messo lo zampino in entrambe le reti partenopee e anche se la sua voglia di fare bene è molta, alla fine non combina niente di determinante e l’Ascoli, sconfitto per 2 a 1, è costretto a tornare a casa a mani vuote.
La terza giornata vede l’Ascoli protagonista di una superba prestazione che lo porta a vincere per 3 a 0 sul Torino, con Hugo protagonista del passaggio filtrante che consente a Carannante di involarsi verso la porta avversaria e di realizzare la terza rete.
Questo assist, invece di essere il punto di partenza dell’irresistibile ascesa del piccolo Maradona, risulterà essere il punto di arrivo di un amore mai nato fra lui e il calcio italiano. Infatti malgrado sia dotato di un buon destro, non è per niente disposto al sacrificio, si rende poco partecipe al gioco e non rincorre mai gli avversari e l’Ascoli, che deve lottare per la salvezza, non può certo permettersi di tenere in campo uno così.
Per raggiungere la salvezza non occorre fare l’amore con il pallone, bensì lottare con le unghie e con i denti ogni minuto di ogni partita!
Finisce con l’indossare sempre più frequentemente la maglia numero 16 e a lui vengono riservati solo alcuni spezzoni di partita e in alcuni casi è costretto anche a subire l’onta di essere la sostituzione eseguita per perdere tempo.
L’Ascoli prosegue la sua corsa verso la salvezza ed è emblematico il fatto che venga praticamente raggiunta grazie alle reti di due centrocampisti “operai” come Carannante e Carillo (ascolano DOC), protagonisti del 2 a 0 che consente ai marchigiani di battere e di sorpassare definitivamente l’Avellino.
L’Ascoli chiuderà a pari merito con Pisa e Pescara a 24 punti, uno in più dell’ultima retrocessa, l’Avellino.
Il bilancio di fine stagione vede entrambi i fratelli Maradona delusi; Diego si è visto sfilare lo scudetto dalle mani dal Milan di Sacchi nello scontro diretto perso al San Paolo per 3 a 2, ma tuttavia la sua è stata ancora una volta una stagione al di sopra delle righe e se non altro può vantarsi del titolo di Capocannoniere conquistato grazie alle sue 15 realizzazioni. Mentre per Hugo la sua prima stagione italiana è stata un vero disastro, partito proclamandosi un calciatore ultra moderno, dalle gambe d’acciaio, in grado di trascinare i suoi compagni, ha finito col passare le sue partite in panchina nell’anonimato più totale e la curiosità creatasi fra i mass media al momento del suo arrivo e via via scemata per lasciar spazio ad argomenti più concreti e rilevanti.
Il Milan espugna Napoli e supera i partenopei in classifica.
Il Milan espugna Napoli e supera i partenopei in classifica.
Malgrado lo scudetto sfumato per un pelo, Diego conquista il titolo di Capocannoniere con 15 reti.
Di conseguenza, nessuno bussa alla sua porta, a Pisa e Pescara nessuno si sta strappando i capelli per non averlo preso e, la sua indisponenza, la sua mancanza di voglia di mettersi a disposizione gli hanno fatto “bruciare” l’intera piazza italiana, nel campionato più bello del mondo non c'è più spazio per lui ed il Napoli è costretto a rivolgersi all’estero per piazzarlo nuovamente in prestito.
Dopo un lungo pellegrinare e molte porte chiuse in faccia, finalmente Hugo trova una nuova squadra pronta a credere in lui e a 19 anni è già pronto a ricominciare...in Spagna...dalla Seconda Divisione...col Rayo Vallecano.
Mr. Felix Sierra gli dà fiducia fin dall'inizio e alla prima di campionato schiera Hugo titolare; nella giornata successiva Hugo ripaga la fiducia andando in rete dopo soli 5 minuti sul campo del Mollerussa, nella partita che si concluderà 2 a 2 e alla terza giornata sigla, al 91', la rete che consente al Rayo di pareggiare con il Sestao. Anche se la sua disponibilità al sacrificio e sempre tendente a zero, l'inizio di Hugo è più convincente e il Rayo, squadra ben strutturata, sembra non soffrire troppo l'ultramodernità del nuovo astro nascente.
Nella prima parte della stagione, il cammino del Rayo è alquanto incerto e i risultati sono altalenanti; nella seconda parte, la squadra trova la sua quadratura, Botella e Soto iniziano a segnare a ripetizione e il Rayo arriva fulmineamente in vetta alla classifica, dove vi rimane per sette giornate.
Las Palmas–Rayo Vallecano 0-6. I Gol
A superare i biancorossi di Madrid è il Castellon, ma a fine stagione arriverà comunque la tanto bramata promozione in Prima Divisione. Il Rayo ha chiuso il campionato al secondo posto con 49 punti e con il miglior attacco (61 reti), alcune delle quali realizzate grazie agli assist di Huguito che, autore anche di 6 reti, si è meritato la riconferma per la stagione successiva.
All'avvio della stagione '89/90, il Rayo si rende immediatamente conto che la Primera Division è ben altra cosa, infatti vengono battuti per 3 a 0 dal Zaragoza alla prima di campionato e rimediano un clamoroso 7 a 1 dagli azulgrana del Barcellona: mantenere la categoria non sarà un gioco da ragazzi.
Alla fine del girone di andata, il Rayo si trova all'ultimo posto con solo 11 punti conquistati in 19 partite; la società prova a dare una scossa all'ambiente cambiando la guida tecnica e al posto di Mr. Sierra arriva Emilio Roldan, ma la mossa strategica non sortisce praticamente nessun effetto e a fine stagione il Rayo Vallecano retrocede nuovamente in Segunda, con un desolante ultimo posto e ben 75 reti incassate in 38 incontri.
Hugo ha giocato praticamente per tutta la stagione, ma gli accenni di crescita evidenziati nella scorsa stagione non sono stati confermati e il Rayo decide di poter fare a meno delle sue prestazioni e non essendo più di proprietà del Napoli dovrà trovarsi una nuova squadra da solo, senza avere le spalle coperte dal fratellone.
Alla fine riesce ad accordarsi con i biancoverdi del Rapid Vienna, ma le difficoltà di ambientamento e il rigido e precoce inverno austriaco gli fanno cambiare immediatamente idea e dopo solo tre partite disputate nella Bundes austriaca rescinde il contratto e decide di andare a rifocillarsi ai margini della foresta pluviale, per la precisione a Caracas, con il club della comunità italiana, il Deportivo Italia.
A fine stagione, El Turco, decide di cambiare nuovamente e si trasferisce vicino casa e disputa la stagione 1991/92 nel campionato uruguaiano, con i giallorossi del Progreso de Montevideo, ma anche in questa nazione, dove il calcio è principalmente a base di “garra”, non riscuote molto successo e a fine campionato si trova nuovamente con le valige in mano in cerca di nuovi lidi.
Si aprono per lui, a soli 23 anni, le porte del campionato giapponese, palcoscenico che di solito viene calcato da vecchie glorie a fine carriera in cerca di qualche guadagno extra. Al suo arrivo in terra nipponica viene accolto come un eroe, come un grande campione...come quello che lui non è!
La prima stagione la gioca con il PJM Futures, quindi nella stagione successiva si trasferisce ai Fukuoka Blux, che festeggiano la promozione in J League con l'acquisto di un nome di sicuro impatto mediatico. Rimane con gli azzurri di Fukuoka per due stagioni dove sembra aver finalmente trovato il calcio adatto per un calciatore ultramoderno come è lui; infatti è andato in gol per ben 33 volte in due stagioni, diventando finalmente un elemento determinante del campionato.
Ma a fine stagione cresce in lui la voglia di conquistare un'altra piazza e un altro popolo e si trasferisce in Canada, al Toronto Italia, squadra che ha appena conquistato il titolo nazionale.
I risultati della scorsa stagione non vengono confermati e a fine stagione è il St. Catharines Wolves ad aggiudicarsi il titolo, dopo aver battuto in finale i Toronto Jets; “maradonino” deluso e fortemente turbato dai rigidi inverni canadesi, decide di abbandonare la conquista del popolo canadese e di tornare dove lo amano già...in Giappone.
Si accasa ai rossoneri del Consadole di Sapporo con i quali disputa un'altra stagione in J-League, alla fine della quale decide che a 28 anni ha ormai già dato e dimostrato tutto e si ritira dal calcio giocato.
Argentina, Italia, Spagna, Venezuela, Uruguay, Giappone e Canada, sono state le nazioni a dare una possibilità al talento del piccolo Huguito; talento mai emerso definitivamente, talento che ha sempre dovuto fare i conti con l'ingombrante fratellone, talento oppresso costantemente dalla sua poca voglia.
Poco dopo, un giornalista argentino riassume così le differenze fra i due Maradona:"La differenza tra Diego e Hugo? Uno calcia di sinistro e l’altro di destro, uno a sedici anni andava all’allenamento con le scarpe rotte, l’altro ci andava a bordo di una Mercedes".
Sette anni più tardi, quando tutti pensavano che avesse capito che il calcio non è cosa per lui, El Turco decide di rimettersi in gioco e stavolta come allenatore del Puerto Rico Islanders, squadra gestita da uomini d'affari portoricani che milita nella United Soccer League, in quanto la sua sede si trova a Houston, nel Texas.
Questa nuova esperienza durerà soltanto un anno e visto che di essa non rimane praticamente nessuna traccia è facile immaginare quali siano stati gli esiti...
Quindi El Turquito decide che anche come allenatore ha detto tutto e decide di lasciare finalmente in santa pace gli Dei del Calcio...
...almeno per ora...